Sull’IA (soprattutto quella generativa di immagini) ci sarebbe molto da dire. Bisognerebbe essere sicuramente molto competenti per parlarne e non basterebbe un post social a sviscerarne il senso, il potenziale, la rivoluzione tecnica quanto sociale che questi strumenti stanno apportando alla nostra società.
La mia riflessione
Quello che mi limiterei a fare è però una riflessione sul dibattito che sta sollevando in diverse categorie, fasce di lavoratori e ambiti di lavoro. Ad esempio basti pensare al movimento di artisti (in particolare illustratori) che da quando è scoppiata la moda Midjurney si sono schierati senza colpo ferire contro questa nuova filosofia di fare arte. Perché si, è una filosofia prima di essere tecnica. Se ci pensate, il digitale ha sempre aiutato l’arte, basti pensare alla nascita di Procreate che ha liberalizzato il disegno e l’illustrazione come possibilità di professione anche verso chi non poteva permettersi un percorso di studi classici nell’ambito ma semplicemente ha imparato ad approcciare al mondo grazie a questa nuova tecnologia. O all’utilizzo di Photoshop e altri simili per colorare digitalmente i fumenti in sostituzione di tecniche manuali definite appunto “tradizionali”.
Ma allora perché l’intelligenza artificiale genera ancora più scalpore?
Forse i punti sono svariati: il primo fra tutto è senz’altro la libertà fuori controllo di queste macchine e ancora prima di queste aziende, che tramite i loro database danno la possibilità alle macchine di generare contenuti ORIGINALI che però originali non sono. Questo perché il risultato della generazione non è altro che l’unione di più elementi creati da qualcun altro. Per di più senza un briciolo di scrupolo verso il discorso copyright. Ecco quindi che nasce EGAIR appunto, uno degli enti creati (a livello europeo) da persone competenti di settore appositamente per capirci qualcosa in merito e stabilire un punto di confine tra la generazione di contenuti senza controllo e la dignità artistica di coloro che generano contenuti reali.
Il secondo punto è senz’altro il valore socioculturale che questa nuova rivoluzione tecnologica può apportare.
Quanto lavori e lavoratori nasceranno? Quanti verranno sostituiti? Basti pensare che con un semplice abbonamento possiamo avere a disposizione un copywriter, un illustratore, un programmatore, un video editor.
È chiaro che allo stadio attuale, servirà comunque un tecnico di settore che guidi le IA a creare il giusto contenuto e che molte di queste tecnologie esistono già (l’IA per il supporto al montaggio video non è una novità per esempio come non lo sono alcune particolari funzioni di Photoshop sul supporto alla creazione di grafiche) e soprattutto servirà un “prompter” (colui che dialogherà con l’IA per la generazione corretta).
Ma qualcuno si è interrogato su cosa può voler dire a livello sociale rendere questa tecnologia accessibile a una grossa fetta di mercato? Chi la userebbe tenendo conto anche dell’aspetto morale?
Ad esempio un qualsiasi influencer senza un minimo di bagaglio culturale sulla materia potrebbe tranquillamente scrivere un libro semplicemente chiedendo a CHAT GPT e magari accostarci delle belle illustrazioni grazie a Midjurney e ritoccare il tutto con lo strumento generativo di Photoshop. Nulla di male direte, a meno che l’influencer di turno non nasconda tutto questo affermando di aver partorito tutto dalla sua zucca per passare da nuovo messia del digitale agli occhi dei più stolti. È un esempio estremo ovviamente, ma serve a spostare la prospettiva di come si guardano le cose.
Per non parlare della generazione di video stile Faceapp che se unite al campionamento di voce possono generare una video intervista di chiunque vogliamo noi (su Instagram e TikTok ne è pieno il feed). E se questi materiali fossero usati per fare del male? Senza alcun freno da parte di chi li usa e senza alcuna possibilità di controllo da parte di chi ne è succube?
Conslusioni
Con tutto questo non voglio creare panico ne terrore a voi lettori, quello che mi preme è darvi un impulso in più e smontare l’entusiasmo classico del giocattolo nuovo che ci ha appena portato Babbo Natale.
Forse questa volta non è un giocattolo e tanto meno regalato da babbo natale.
Vi basti pensare che i Beatles hanno fatto uscire un nuovo singolo con la voce di John Lennon estrapolata da una cassetta di registrazioni piano e voce, dove l’IA tramite un semplice prompt è riuscita a isolare e sistemare la voce dagli strumenti e come se non ci avesse mai lasciato John torna tra i Beatles.
Ricordiamoci però quella è solo la voce. La sua morale artistica sarebbe d’accordo?